Negli ultimi 10 anni lo scenario economico e sociale è drasticamente cambiato, e con questo il mondo del business in cui i classici modelli di marketing e di leadership stanno incontrando una enorme crisi.

Si parla di un ambiente VUCA, un acronimo che definisce in maniera puntuale e sintetica il contesto che stiamo vivendo.

Cosa vuol dire VUCA?

La V (volatility) sta per volatilità. La volatilità è sinonimo di turbolenza, un fenomeno che si sta verificando sempre più frequentemente rispetto al passato ed è ulteriormente incrementato dalla crescita esponenziale della digitalizzazione, connettività, liberalizzazione del commercio e concorrenza globale.

La U (uncertainty) significa incertezza, o la mancanza di prevedibilità degli eventi. La gestione dei cambiamenti repentini è oggi una delle più grandi sfide che mettono in discussione i tradizionali modelli di gestione e pianificazione ormai obsoleti e rigidi. Si pensi ad esempio alla tendenza al turn over dello staff che viene attratto da elementi molto differenti dalla stabilità contrattuale. Inoltre ogni “macroevento” che accade molto lontano da noi ha una velocità di onda d’urto immediata e si ripercuote repentinamente anche sulle piccole economie e su realtà non direttamente collegate all’evento stesso.

La C (complexity) significa complessità. Le cause non sono sempre chiare e alla complessità dei fattori in gioco si unisce una complessità dinamica, dove le cause e gli effetti sono distanti nel tempo e nello spazio. La complessità deriva spesso semplicemente dallo sgretolamento del tradizionale sistema gerarchico e di controllo dei manager sulle strutture organizzative che è chiamato a governare.

L’ultimo elemento è la A (ambiguity) di ambiguità. L’ambiguità è l’incapacità di concettualizzare con precisione le minacce prima che diventino letali. E’ la mancanza di chiarezza o la vaghezza con cui comunichiamo attraverso canali iperveloci in cui la sintesi la fa da padrone. Molti fenomeni aziendali non sono più individuabili attraverso una dimensione univoca. Possiamo pensare alle strategie di investimento rispetto ad alcuni canali di marketing, gli indicatori dei risultati rispetto a tali investimenti risultano contradditori e ambigui.

Molte aziende non sembrano essere pronte ad affrontare un contesto competitivo sempre governato da questi elementi. La maggiore sfida che si pone alle aziende è quella di sviluppare una nuova cultura aziendale principalmente basata su due driver: il nuovo modello imprenditorialità aziendale e un nuovo modello di leadership.

Il primo aspetto ha a che fare con la struttura e la governance dell’organizzazione che dovrebbe includere modelli flessibili e poco gerarchici, flussi e procedure fluide molta delega e creazione di rapporti fiduciari.

Il secondo driver, forse più rilevante è la necessità che il leader passi ad essere capo all’essere ispiratore, motivatore, persona di cui fidarsi e a cui si riconoscono capacità visionarie, incentrate sul riconoscimento del valore dei collaboratori, la capacità di innovare e di adattarsi ai cambiamenti.

Una leadership basata sui valori legati alla soddisfazione del gruppo per cui l’obiettivo dell’azienda stessa è compartecipato e sentito da tutto lo staff.

Non è un caso che sempre più aziende affrontano ultimamente il tema della purpose (del senso) in una modalità partecipata in cui ogni elemento dell’azienda, a prescindere da ruoli e gerarchie, è chiamato a dare il proprio contributo.